La poesia è il cardine della tradizione orale e, nel corso dei secoli, può comunicare i valori più intimi delle diverse culture, nel celebrare la Giornata mondiale della poesia, il 21 marzo, l’UNESCO riconosce la capacità unica della poesia di catturare lo spirito creativo della mente umana.
La decisione di proclamare il 21 marzo come Giornata mondiale della poesia è stata adottata durante la trentesima sessione dell’UNESCO a Parigi nel 1999. Il suo scopo è promuovere la lettura, la scrittura, l’editoria e l’insegnamento della poesia in tutto il mondo e, come la dichiarazione originale dell’UNESCO afferma che “dare nuovo riconoscimento e impulso ai movimenti nazionali, regionali e internazionali di poesia”.
Uno degli obiettivi principali della Giornata è sostenere la diversità linguistica attraverso l’espressione poetica e offrire alle lingue in via di estinzione l’opportunità di essere ascoltati all’interno delle loro comunità.
L’osservanza del World Poetry Day è anche intesa a incoraggiare il ritorno alla tradizione orale dei recital di poesia, a promuovere l’insegnamento della poesia, a ristabilire un dialogo tra la poesia e le altre arti come il teatro, la danza, la musica e la pittura, e sostenere piccoli editori e creare un’immagine attraente della poesia nei media, in modo che l’arte della poesia non sia più considerata una forma d’arte obsoleta, ma che consenta alla società nel suo complesso di riguadagnare e affermare la propria identità.
Noi celebriamo questa gornata proponendo tre grandi poeti italiani del ‘900, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo e Giuseppe Ungaretti, la cui poesia è una poesia di stati d’animo, di ripiegamento interiore espresso in un tono raccolto e sommesso, con un linguaggio raffinato ed evocativo che sfuma ogni riferimento diretto all’esperienza in un gioco di allusioni.
Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981) è stato un poeta e scrittore italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1975 , per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni.
Casa sul mare
ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora I minuti sono eguali e fissi
come I giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
I soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.
Il repertorio da satura
Il Repertorio
della memoria è logoro: una valigia di cuoio
che ha portato etichette di tanti alberghi.
Ora vi resta ancora qualche lista
che non oso scollare. Ci penseranno i facchini,
i portieri di notte, i tassisti.
Il repertorio della tua memoria
me l’hai dato tu stessa prima di andartene.
C’erano molti nomi di paesi, le date
dei soggiorni e alla fine una pagina in bianco,
ma con righe a puntini… quasi per suggerire,
se mai fosse possibile, «continua».
Il repertorio
della nostra memoria non si può immaginarlo
tagliato in due da una lama. E’ un foglio solo con tracce
di timbri, di abrasioni e qualche macchia di sangue.
Non era un passaporto, neppure un benservito.
Servire, anche sperarlo, sarebbe ancora la vita.
Giuseppe Ungaretti (8 febbraio 1888 – 2 giugno 1970) è stato un poeta modernista, giornalista, saggista, critico, accademico e destinatario del primo Premio Internazionale di letteratura del 1970 di Neustadt. è stato uno dei contributori più importanti della letteratura italiana del XX secolo. Influenzato dal simbolismo, fu brevemente allineato con il futurismo. Come molti futuristi, prese una posizione irredentista durante la prima guerra mondiale. Ungaretti debuttò come poeta mentre combatteva nelle trincee.
Italia
Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni
Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti
maturato in una serra
Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia
E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre
Stella
Stella, mia unica stella,
Nella povertà della notte, sola,
Per me, solo, rifulgi,
Ma, per me, stella
Che mai non finirai d’illuminare,
Un tempo ti è concesso troppo breve,
Mi elargisci una luce
Che la disperazione in me
Non fa che acuire.
Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968) è stato un poeta italiano, esponente di rilievo dell’ermetismo. È stato vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1959. per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”
Strada di Agrigentum (da “Nuove Poesie”, 1938)
Là dura un vento che ricordo acceso
nelle criniere dei cavalli obliqui
in corsa lungo le pianure, vento
che macchia e rode l’arenaria e il cuore
5 dei telamoni lugubri, riversi
sopra l’erba. Anima antica, grigia
di rancori, torni a quel vento, annusi
il delicato muschio che riveste
i giganti sospinti giù dal cielo.
10 Come sola nello spazio che ti resta!
E più t’accori s’odi ancora il suono
che s’allontana verso il mare
dove Espero già striscia mattutino
il marranzano tristemente vibra
15 nella gola del carraio che risale
il colle nitido di luna, lento
tra il murmure d’ ulivi saraceni.
Nostalgia e Rimpianto
Ora che sale il giorno
Finita è la notte e la luna
si scioglie lenta nel sereno,
tramonta nei canali.
È così vivo settembre in questa terra
di pianura, i prati sono verdi
come nelle valli del sud a primavera.
Ho lasciato i compagni,
ho nascosto il cuore dentro le vecchi mura,
per restare solo a ricordarti.
Come sei più lontana della luna,
ora che sale il giorno
e sulle pietre bette il piede dei cavalli!
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